Il Presidente Idimed sull’articolo di Science di Tomasetti & Vogelstein

Giuseppe Carruba con una nota contesta duramente la disinformazione della stampa italiana dopo l’articolo apparso il 2 gennaio scorso sulla rivista Science: “Due tumori su tre dipendono dalla sfortuna e non dallo stile di vita o dai geni”. “Messaggi del genere – afferma Carruba – possono aver disastrose conseguenze per quanti credono nei principi dell’alimentazione tradizionale mediterranea come strumento essenziale di prevenzione primaria”.

TESTO DELLA NOTA
Nell’uomo esistono svariati tipi di cancro – più di 200 – che riconoscono diversi fattori di rischio, tassi di incidenza e distribuzione geografica. Alcuni tipi di cancro risultano essere enormemente più frequenti di altri. Tomasetti e Vogelstein (Science 2015, 347: 78-81), propongono che la variabilità nel rischio di sviluppare i diversi tipi di cancro è legata ad un diverso numero di cellule staminali adulte presenti nei vari tessuti e ad una loro e ad una diversa attività di moltiplicazione cellulare, capace di indurre mutazioni casuali nel corso della replicazione del DNA.
Provocatoriamente, gli autori insinuano che la “sfortuna” (la “sfiga” secondo quanto testualmente riportato da numerose testate giornalistiche italiane) costituisce quindi un fattore determinante e largamente prevalente sui fattori ereditari e legati all’ambiente o allo stile di vita in almeno due terzi di tutti i tumori umani.
In primo luogo, si deve sottolineare che, tra i 31 tipi di tessuto considerati dagli autori e i tumori che ne derivano, quelli definiti tumori R (dove R sta per “replicativi”, cioè legati a mutazioni casuali che si verificano durante la duplicazione del DNA) rappresentano appena il 15-18% di tutti i tumori umani, mentre i tumori D (dove D sta per “deterministici”, cioè legati a fattori ambientali/ereditari), quando considerati insieme ad altri importanti neoplasie (mammella, prostata), fortemente dipendenti da stili di vita/alimentazione ma non considerate in questo studio, rappresentano il 55-60% dei tumori umani (dati NCI-SEER).
In secondo luogo, anche se il materiale supplementare fornito dagli autori indica la fonte dei dati utilizzati per la loro analisi, i calcoli sono stati effettuati in gran parte attraverso assunzioni arbitrarie basate sui risultati estremamente variabili della letteratura. Inoltre, non è chiaro il motivo per cui tessuti umani, come la mammella e la prostata, nonostante le caratteristiche delle loro popolazioni di cellule staminali siano state estesamente studiate, non sono stati inclusi nell’analisi. Comunque, come ammesso dagli stessi autori, il numero e l’attività replicativa (e quindi le conseguenti mutazioni spontanee del DNA) delle cellule staminali di un dato tessuto possono essere determinati da meccanismi di tipo epigenetico dipendenti da fattori ambientali e/o legati allo stile di vita, il cui potenziale impatto è virtualmente impossibile valutare in questo studio.
Ma di ancora maggiore importanza è il fatto che il “take-home message” che emana da questo lavoro implica che i cambiamenti nello stile di vita, primariamente necessari per realizzare efficaci misure di prevenzione primaria e quindi ridurre l’incidenza e la mortalità delle patologie tumorali, potrebbero diventare assai meno giustificabili e sostenibili nella misura in cui la popolazione generale dovesse confrontarsi con l’idea che, in ogni modo, meno di un terzo dei tumori umani può essere prevenuto.

Giuseppe Carruba
Responsabile per i Progetti, la Ricerca e l’Internazionalizzazione
ARNAS-Civico – Palermo
giuseppe.carruba@unipa.it

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